Associazione Fondazione LUCIANO MASSIMO CONSOLI

11 agosto 2017

Restauro della lapide di Anselmo Cadelli

L'arcobaleno che avevamo regalato vari anni fa alla lapide di Massimo per  Anselmo al Cimitero di Prima Porta era quasi del tutto scomparso.
Perciò nell'approssimarsi del 15 agosto noi fondaroli abbiamo deciso di restaurarla.
Approfittando delle temperature un po' più accettabili ho provveduto a rendere nuovamente visibile l'arcobaleno.

Ma questo post vale come INVITO A RICORDARE ANSELMO  il 15 agosto prossimo.














Per chi non ha avuto la fortuna di conoscerlo personalmente, ecco una intervista che gli fece Massimo Consoli pubblicata su Rome Gay News n.79 di novembre 1995.


Ringrazio Ethan (già Cinzia) Ricci per renderla disponibile nel suo sito.
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Sardo, 45 anni, una vita avventurosa dietro le spalle, Anselmo Cadelli appartiene alla seconda generazione del movimento gay italiano. Tra le tante cose che ha fatto, c'è da ricordare che fu lui, il 12 luglio del 1978, a dirigere l'occupazione della palazzina in via Campo Boario 22, quella che diventò l'ormai mitica (e la prima) Gay House e dalla quale l'OMPO's venne scacciato perché i lavori di ristrutturazione dell'ex-Mattatoio sarebbero dovuti cominciare da lì a pochi giorni. Lo scorso 11 novembre, la polizia del Celio ha posto sotto sequestro l'attuale sede dell'associazione, in via Ghiberti 8/b.

Consoli: Anselmo, per quale motivo e prima di qualsiasi altra definizione, ci tieni a spiegare che sei sardo? Per una forma di campanilismo regionale?

Cadelli: Perché il modo migliore per invitarmi a sloggiare, scelto da una inquilina del palazzo in cui ha sede la nostra associazione è: «Aritòrnatene in Sardegna, brutto frocio che nun sei artro». E a questi insulti fa seguito, ogni domenica mattina prima dell'ora della messa, il lavaggio del davanzale con varechina e acido che, regolarmente, cola proprio sul nostro ingresso.

Consoli: Allora, c'è incompatibilità con i vostri inquilini?

Cadelli: Assolutamente no! La grande maggioranza degli abitanti di via Ghiberti e via Alessandro Volta hanno avuto più di una occasione per manifestarci la loro solidarietà e simpatia, anche dissociandosi dagli esposti che, ogni tanto, vengono inviati ai vigili urbani o al commissariato di Pubblica Sicurezza, ai Carabinieri o allo stesso IACP, proprietario dell'immobile. Tant'è che, a dire il vero, e visto che tutti negano di averli firmati, non so neanche se questi esposti siano stati inventati da qualcuno con l'intenzione di spaventarci per subentrare nel locale, o per perseguire chissà quali altri fini.

Consoli: Veniamo ai vostri rapporti con le forze dell'ordine.

Cadelli: Con i vigili urbani sono più che ottimi. Addirittura, le guardie che sono venute più di una volta a controllare il locale ci hanno dato consigli preziosi su come risolvere qualche problema tecnico. Lo stesso devo dire a proposito dei Carabinieri: sempre estremamente corretti e gentili ogni volta che, sollecitati da telefonate anonime, si sono precipitati a vedere che cosa stesse succedendo nella sede della più antica associazione culturale gay italiana. Anche con la polizia non c'erano stati problemi fino a quando non si è fatto vivo il vice ispettore Giuseppe Miracapillo che, almeno sembra, sta conducendo una sua crociata personale contro di noi. E questo suona alquanto strano viste le assicurazioni fornite alla comunità dal capo della Polizia, Fernando Masone, agli inizi del 1993, quando parlò di "un nuovo spirito di collaborazione tra la comunità e le forze dell'ordine", sottolineando che non avrebbe più permesso quella forma di sottile discriminazione alla quale erano sottoposti i gay proprio da parte degli agenti e che, nei casi più delicati, ci impediva di presentarci a testimoniare. Noi tutti abbiamo creduto a Masone, perciò non capisco per quale motivo il Vice ispettore Miracapillo si presenta all'ingresso dell'associazione apostrofandomi con esortazioni arroganti del tipo: "Tu stai zitto! Fammi parlare a me! Qui dovete chiudere". Se è questo il tipo di collaborazione della quale si parlava... allora avrei fatto meglio a non presentarmi spontaneamente alla polizia ogni volta che c'è stato un delitto contro la nostra comunità ed ho pensato di poter essere utile...

Consoli: Perché, hai dato dei contributi del genere?

Cadelli: Penso di aver fornito un piccolo aiuto alla risoluzione di qualche caso. Almeno tre volte, se ricordo bene.

Consoli: Cioè?

Cadelli: Quando, nel gennaio del 1991 il 47enne Alfredo Garreffa venne ucciso nelle solite "circostanze misteriose" con "la testa fracassata da un arnese che i macellai usano per affilare i coltelli", era facile prevedere che il delitto sarebbe stato archiviato con le altrettanto solite e vaghe motivazioni se non fossi stato io ad accompagnare l'assassino al commissariato di Primavalle. I giornali scrissero che "forse un amico lo ha convinto a confessare". Ebbene, oggi posso cancellare il forse... anzi, posso perfino ricordare che portai l'assassino al commissariato, addirittura prima che venisse scoperto il cadavere di Garreffa. Ed erano già passati tre giorni dal delitto.

Consoli: Come facevi a sapere che era lui l'assassino?

Cadelli: Me lo aveva confessato poco prima di tentare la fuga, ma io l'ho convinto a restare, a costituirsi e a pagare il suo debito con la giustizia. E so che è veramente pentito di quello che ha fatto...

Consoli: E gli altri due casi?

Cadelli: Sono sempre omicidi contro i gay, ma le inchieste sono tuttora in corso, perciò non posso dire nulla.

Consoli: Ed i rapporti con lo IACP?

Cadelli: Io penso che tutti i nostri guai dipendano proprio dal fatto che, dopo più di 4 anni, l'Istituto Autonomo Case Popolari ancora non senta il dovere morale di formalizzare questa assegnazione con un regolare contratto. La sede ci è stata assegnata, ma manca un atto ufficiale che ci metta in condizione di richiedere i permessi necessari. Perché, mi sembra opportuno insistere su questo, la polizia ha ragione a contestarci determinate infrazioni (anche se in termini non propriamente ortodossi), ma noi ci troviamo tra l'incudine e il martello: vogliamo far venire i vigili del fuoco, i vigili urbani, la USL e l'ufficio d'igiene per certificare l'idoneità del locale, ma senza il contratto dello IACP nessuno di loro può, ufficialmente, rilasciare un documento del genere. E, dopo decine di defatiganti ed infruttuosi incontri con i responsabili della sezione di Testaccio dell'Istituto, e varie (misteriose) sollecitazioni a lasciare il locale ad "attività più serie", ci comincia a venire il sospetto che quelle quattro mura, pur nel loro piccolo, siano l'oscuro oggetto di qualche inconfessabile desiderio e che ci vogliano costringere ad andarcene per accontentare chissà quale parte politica in agguato.

Per altre notizie su Anselmo:

Massimo Consoli su Gay TV

ANSELMO CADELLI

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